di Paolo Quagliarella

Il mito è il racconto della storia degli uomini, la fiaba può essere una forma di racconto mitico, la fiaba può avere una funzione didascalica così come il mito.

L’Astrologia, intesa come interpretazione del tema natale, è il canovaccio sul quale prende forma la trama della vita dell’individuo. I miti dei segni zodiacali, dei pianeti, le fiabe, se vogliamo chiamarle così, a loro riferiti permettono di raccontare, di costruire una storia del soggetto rappresentato dal tema natale. Se il soggetto è partecipe, quindi attore e narratore primario, insieme all’astrologo, prende forma una storia vera per gli interlocutori, magari utile, motivante soprattutto per il consultante, se quest’ultimo non è partecipe è una mera costruzione formale, ma vuota di contenuti reali, al massimo riempiti dalle proiezioni dell’astrologo.

Dunque, chi si scaglia contro l’utilizzo del mito in astrologia, non ha ancora chiaro il concetto che l’arte astrologica è un linguaggio e come tale va utilizzato fra almeno due attori: il trasmittente e il ricevente, che non restano statici nel rapporto, ma cambiano ruolo in continuazione durante l’interpretazione del tema natale.

Che si usi o non si usi il mito, l’astrologia ha un fondamento come linguaggio, non esistono quindi aberrazioni nell’utilizzo dello stesso finché il medesimo non crei danno volontario a terzi. Il problema non è lo strumento, il linguaggio, ma la competenza di chi lo utilizza.

Allora, fuck al mito e a chi lo utilizza in Astrologia?

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