I Miti
Urano
Urano è la prima divinità a nascere dal ventre di Gea. Esiodo narra che dal Caos identificato non come una divinità, “ma – come – soltanto un vuoto «spalancarsi»”, nacque Gea “dall’ampio seno, solida ed eterna sede di tutte le divinità che abitano lassù”. Kerényi scrive: “Gea invece prima di ogni altra cosa partorì come suo simile il Cielo stellato, Urano, affinché questi l’abbracciasse interamente e fosse sede solida ed eterna degli dèi beati. Essa partorì poi le grandi montagne, nelle cui valli dimorano così volentieri certe dee, le Ninfe. Infine, diede alla luce Ponto, il Mare deserto e spumeggiante. Essa creò tutto ciò senza Eros, senza accoppiamento.” Prima dell’universo, del tempo stesso, esisteva il Caos che racchiudeva le infinite possibilità di manifestazione e di esistenti; il fatto che fosse Gea la prima a nascere ci mostra come il principio femminile avesse enorme importanza prima dell’avvio storico della fase patriarcale. Il femminile viene naturalmente prima del maschile perché è quello che permette la “nascita”, è il contenitore del tutto, così come l’uovo primordiale. Nel nostro mondo in cui il tempo scorre dal passato al futuro, generando un pensiero causale, non possiamo non sentire fortemente la presenza dell’archetipo dell’inizio/principio, ovvero quello della madre/donna. Gli archetipi sono in relazione tra loro quando si trovano nell’inconscio collettivo, nel momento in cui diventano rappresentazione archetipica possono perdere questa relazione o mantenerne alcune; l’archetipo dell’inizio/principio è in relazione naturale, come in un legame di appartenenza tra due insiemi, con quello della madre. L’archetipo del padre/maschile, sembra non essere toccato dall’archetipo dell’inizio/principio, ma appare all’umanità dopo che si è avuta coscienza della forza generatrice maschile, ovvero quando la donna è incinta. Ciò non significa che l’uomo, il maschile, sia inferiore al femminile, ma semplicemente che noi, nel nostro mondo, fatto di tempo causale, prendiamo coscienza della sua necessità per pro-creare in un secondo momento. Il tempo causale nasce con lo schiudersi dell’uovo cosmico, possiamo affermare che Gea e Urano nascano contemporaneamente, la prima appare immediatamente, nel senso di “senza mediazione”, il secondo passa attraverso di lei, ma esisteva e nasceva anch’esso con lei.
Kerényi ricorda che: “Urano si accoppiava ogni notte con Gea. Odiava però sin da principio i figli che generava con lei. Appena nascevano, li nascondeva e non li lasciava uscire alla luce, li nascondeva nella cavità interna della Terra. In tale malvagia azione – dice Esiodo esplicitamente – egli provava gran gioia. L’immensa dea Gea ne era costernata e si sentiva troppo angusta per il peso che rinserrava in sé. Così escogitò anche lei un inganno crudele. Trasse rapidamente dalle sue viscere il terribile acciaio, ne fece una falce con denti aguzzi e si rivolse ai suoi figli.”
Per dirla con una terminologia cara a Erich Neumann, Urano viveva prima della sua nascita, ma per volontà di Gea, in una fase d’incesto uroborico, totalmente legato a lei, dipendente dalla dea; una volta venuto alla luce non è riuscito a raggiungere la fase dell’incesto matriarcale che avrebbe portato alla creazione di un Io differenziato e maturo. Dal canto proprio però, Gea, aiutava simbolicamente i figli nel loro processo d’individuazione, e chiedeva ella stessa aiuto per sé, chi risponde all’appello, come ricorda Kerényi è il “tortuoso Crono”: “Nel suo turbamento Gea parlò ai figli, ma particolarmente a quelli maschi: «Ahi, figli miei e di un padre scellerato, non volete ascoltarmi e punire vostro padre per la sua malvagia azione? Fu egli il primo ad escogitare un atto obbrobrioso!». I figli inorridirono e nessuno aprì bocca. Soltanto il grande Crono, dai pensieri tortuosi, si fece coraggio: «Madre» disse «io lo prometto e compirò l’opera. Non m’importa di nostro padre, nome odioso. Fu lui il primo ad escogitare un’azione scellerata!». Allora Gea si rallegrò, nascose il figlio in luogo propizio all’agguato, gli diede in mano la falce e gli spiegò lo stratagemma. Quando di notte venne Urano, ardente d’amore, e abbracciò la Terra coprendola tutta, dal suo nascondiglio il figlio lo afferrò con la mano sinistra. Con la destra prese l’enorme falce, rapidamente recise la virilità al padre e la gettò dietro le spalle… Gea raccolse in sé le gocce di sangue dello sposo. Fecondata da queste, partorì le Erinni, le «forti», come dice Esiodo, i Giganti e le Ninfe del frassino, le Ninfe Meliadi, dalle quali nacque una dura stirpe umana. La virilità del padre cadde nel mare e così nacque Afrodite.”. Nello stesso tempo ci sarebbe dovuto essere anche l’assassinio simbolico della Grande Madre, Gea, da parte di Saturno affinché potesse raggiungere la piena individuazione, ma ciò non avvenne, infatti Crono ripeté con sua moglie Rea il medesimo errore di suo padre, Urano, divorando anche lui i propri figli per paura di essere spodestato.
Secondo Graves: “All’inizio di tutte le cose, la Madre Terra emerse dal Caos e generò nel sonno suo figlio Urano. Dall’alto delle montagne Urano guardò la dea con occhio amoroso e versò piogge feconde nelle sue pieghe segrete, ed essa generò erba, alberi e fiori, unitamente alle belve e agli uccelli. Quelle stesse piogge fecero poi scorrere i fiumi e colmarono d’acqua i bacini, e così si formarono laghi e mari.”
L’autogenerazione appare essere un principio femminile, l’uomo non può generare da sé, ma Urano assieme alla madre terra permette la nascita della vita. Urano viene generato nel sonno è quindi una manifestazione inconscia, è qualcosa che esisteva parimenti alla madre terra ma attendeva la “chiamata”, la manifestazione archetipica. L’archetipo si manifesta, secondo Jung, quando dei contenuti di coscienza si scontrano con l’inconscio. La madre terra, in cuor suo, attendava l’amato. Urano è figlio della terra secondo il mito olimpico. La parola Urano in greco significa volta celeste, ma contiene anche la sillaba Ur che è in relazione con il fuoco primordiale.
L’evirazione di Urano
Graves racconta attraverso Esiodo di come Urano avesse prima rinchiuso i ciclopi, suoi figli, nel Tartaro e di come Gea avesse convinto i Titani a liberarsi del padre: “Colsero Urano nel sonno e Crono spietatamente lo castrò col falcetto, afferrandogli i genitali con la sinistra (che da quel giorno fu sempre la mano del malaugurio) e gettandoli poi assieme al falcetto in mare presso Capo Drepano. Gocce di sangue sgorgate dalla ferita caddero sulla Madre Terra, ed essa generò le tre Erinni, furie che puniscono i crimini di parricidio e di spergiuro; esse sono chiamate Aletto, Tisifone e Megera. Le Ninfe del frassino, chiamate Melìe, nacquero anch’esse da quel sangue.” In seguito i Ciclopi vennero liberati dai Titani, ma non appena Crono ebbe il governo su tutto, li ricacciò nel Tartaro.
“In questo mito le tre Erinni, o Furie, che nascono dal sangue di Urano, sono la triplice dea stessa; vale a dire che, durante il sacrificio del re, destinato a fecondare i frutti e i campi, di grano, le sacerdotesse della dea indossavano minacciose maschere di Gorgoni per spaventare e scacciare i visitatori profani.” E’ importante ricordare che Saturno, Asclepio, Apollo vengono dipinti con un corvo di fianco e l’animale “era un uccello oracolare e si supponeva che ospitasse l’anima del re sacro dopo il suo sacrificio”. In qualche modo le tre figure utilizzando il medesimo strumento, il corvo, mostrano lati diversi della loro personalità.
Oltre alla Erinni nacquero anche le ninfe Melie come descrive Robert Graves: “Le Ninfe del frassino; sono le tre Furie sotto un aspetto più benigno: il re sacro veniva consacrato al frassino, di cui ci si serviva in origine durante le cerimonie propiziatorie della pioggia. In Scandinavia il frassino divenne l’albero della magia universale; le tre Norme, o Parche, amministravano la giustizia all’ombra di un frassino e
Odino, attribuendosi la paternità del genere umano, ne fece il suo magico destriero. Nell’antica Grecia come in Libia, la pioggia fu senza dubbio invocata dalle donne mediante arti magiche.”
Inoltre Eric Fromm aggiunge: “Pare che il sabato sia stato un’antica festività babilonese, che si celebrava ogni sette giorni (Shapatu). Ma il suo significato era completamente diverso da quello del sabato biblico. Lo Shapatu babilonese era un giorno di lutto e di penitenza. Era un giorno tetro, dedicato al pianeta Saturno (anche il nostro “sabato” è, nella sua etimologia, giorno dedicato a Saturno), di cui si voleva placare l’ira con la penitenza e la contrizione; ma con l’andar del tempo questa festività cambiò il suo carattere. Perfino nel Vecchio Testamento non è più un giorno “cattivo”, ma un giorno buono, consacrato al benessere dell’uomo. Attraverso ulteriori svolgimenti, il sabato si oppone sempre più al sinistro Shapatu, e diventa il giorno della gioia e del piacere. Mangiare, bere, cantare, fare l’amore, oltre allo studio delle Scritture e delle altre opere religiose più recenti hanno caratterizzato la celebrazione del sabato ebreo negli ultimi duemila anni. Da giorno di sottomissione ai malvagi influssi di Saturno, il sabato è divenuto un giorno di libertà e di gioia. Questo mutamento di carattere e di significato può essere pienamente compreso soltanto se si considera ciò che rappresenta Saturno. Saturno (nell’antica tradizione astrologica e metafisica) simbolizza il tempo. Egli è il dio del tempo e quindi il dio della morte. In quanto l’uomo è simile a Dio, dotato di un’anima, di ragione, di amore e di libertà, egli non è soggetto al tempo o alla morte; ma in quanto è un animale, con un corpo soggetto alle leggi della natura, egli è schiavo del tempo e della morte. I babilonesi cercavano di placare il signore del tempo con la penitenza. La Bibbia, con il suo concetto del sabato, compie un tentativo completamente nuovo per risolvere il problema: facendo cessare per un giorno l’interferenza nella natura, si elimina il tempo. Invece di un sabato in cui l’uomo si inchina al signore del tempo, il sabato biblico simbolizza la vittoria dell’uomo sul tempo; il tempo è sospeso, Saturno è detronizzato proprio nel suo giorno, il giorno di Saturno”
Considerazioni
Saturno distrugge l’unione fra cielo e terra, fra microcosmo e macrocosmo, potremmo definirlo il Big Bang mitico o la cacciata dal paradiso terrestre di Adamo ed Eva. Sono simboli diversi, ma indicano la frattura tra maschile e femminile. Non sono d’accordo con Liz Greene quando nel suo libro su Urano afferma che in qualche modo la divinità avendo cacciato i Titani e i Ciclopi, comunque suoi figli, l’abbia fatto per mantenere l’armonia, poiché i primi erano giganti dalla 100 braccia, gli altri con un occhio solo e si nutrivano di carne umana. Non vedo il “fin di bene” per l’umanità, piuttosto noto il distacco e l’opportunismo, tutti uraniani, nell’affrontare le vicende personali scomode. Urano sia con Gea, sia da solo (attraverso il sacrificio) resta fecondo. E’ la creazione anti-solare, nata dal trauma anziché dall’amore. Quante volte dopo un abbandono sentimentale, una rottura ci si lancia in nuove avventure. E’ l’azione dettata dal trauma e dal voler rimpiazzare velocemente l’altro per poter dimenticare più facilmente. Questo accade a Urano detronizzato nel mito, non viene ucciso, ma scacciato dal suo regno e se ne perdono le tracce, è dimenticato.
I Ciclopi e i Titani, aggiungo, vengono rispediti nel Tartaro, sotto terra, ovvero nuovamente nell’utero di Gea, da un certo punto di vista vengono “abbandonati” alla madre. L’uraniano, infatti, tende facilmente al distacco e all’allontanamento dai propri problemi “scaricando” le responsabilità. Questa non è una critica, chi scrive è un uraniano, ma un modo di fare che se utilizzato correttamente può portare crescita personale e vantaggi.
Dai genitali di Urano gettati in mare nacque, invece, Afrodite. La separazione fra cielo e terra ha comunque generato una figura mitica rappresentante la bellezza e l’armonia. Attraverso queste qualità l’uomo può ricongiungersi al creato e riunire in sé macrocosmo e microcosmo. L’armonia passa attraverso i numeri, l’ordine anche se tutto è generato dal Caos, ma per interpretarlo c’è bisogno dei valori appena citati. Allo stesso tempo il sangue di Urano caduto sulla terra genera le tre Erinni: Aletto, Megera e Tisifone: il loro compito era quello di vendicare i delitti, soprattutto quelli compiuti contro la propria famiglia, torturando l’assassino con le armi che portavano con loro, fino a farlo impazzire. Le Erinni in opposizione al significato di Afrodite-Venere possono spiegare come nel mondo vi sia sempre un equilibrio fra bene e male, non esiste l’uno senza l’altro.
Prometeo
Certamente il nome non è in relazione al pianeta, ma se pensiamo al simbolismo astrologico, come vedremo più avanti, il racconto mitologico che più si avvicina ai significati che attribuiamo al pianeta è quello delle gesta del titano Prometeo.
Prometeo, il creatore del genere umano era figlio della Ninfa Climene e del Titano Eurimedonte, secondo altre fonti invece di Climene e Giapeto; suoi fratelli erano Epimeteo, Atlante e Menezio. Altre fonti riportano Prometeo come figlio illegittimo di Era e il gigante Eurimedonte. (Kerényi )
Durante la rivolta dei Titani capeggiata da Crono contro Zeus, Atlante e Menezio si schierarono con il primo, mentre Prometeo grazie alla sua saggezza, ci vide lungo, di fatti fece una previsione, e si unì, insieme a suo fratello Epimeteo, all’esercito di Zeus che risultò vincente sui titani. Di Prometeo è importante ricordare che “aveva assistito alla nascita di Atena dalla testa di Zeus e la dea stessa gli insegnò l’architettura, l’astronomia, la matematica, la medicina, l’arte di lavorare i metalli, l’arte della navigazione e altre utilissime, che egli poi a sua volta insegnò ai mortali.” (Robert Graves)
Il significato del nome Prometeo lo troviamo descritto e approfondito sia nel libro di Robert Graves che nella Secret Doctrine II della Blavasky:
“Prometeo deriva dal greco (pro metis), ‘previdenza’ – pensare prima, riflettere. Il prof. Kuhn considera il nome del Titano derivato dalla parola sanscrita Pramantha, lo strumento usato per accendere il fuoco. La radice mand o manth, contiene l’idea di un movimento rotatorio e la parola manthami (usata per designare il processo dell’accensione del fuoco), acquistò il significato secondario di ‘rapire’, portar via; così troviamo un’altra parola dello stesso gruppo, pramatha, che significa furto. […] Questa interpretazione è molto intelligente, ma forse non del tutto corretta; inoltre in tale ipotesi c’è un elemento notevolmente prosaico. Senza dubbio nella natura fisica le forme superiori devono svilupparsi dalle inferiori, ma difficilmente così avviene nel mondo del pensiero. E poiché ci è detto che la parola manthami passò nella lingua greca e divenne manthano “apprendere”, vale a dire appropriarsi della conoscenza, da cui Prometheia – prescienza, previdenza- noi possiamo trovare, seguendo questa direzione, un’origine più poetica al “portatore del fuoco “. http://www.prometheos.com/letture/prometeo.htm
Altra figura degna di nota a proposito del titano è quella di due dei suo fratelli Atlante ed Epimeteo, con quest’ultimo condividerà alcune battaglie e la sconfitta dei titani. Epimeteo in greco significa: colui che riflette dopo.
La nascita dell’uomo, il furto del fuoco, la punizione e la liberazione
Come ricorda Kerényi : “vi fu un’epoca in cui gli dèi esistevano, ma gli esseri mortali non esistevano ancora. Quando arrivò il tempo destinato alla loro nascita, gli dèi li formarono sotto la terra, con terra, fuoco e tutto ciò che si mescola con questi elementi. Volendo portarli poi alla luce, gli dèi ordinarono a Prometeo e ad Epimeteo di ornare quegli esseri e di distribuire tra di loro le capacità secondo quanto a ciascuno di loro spettava. Epimeteo ottenne da Prometeo di poter procedere da solo alla distribuzione. L’imprudente distribuì tutto tra gli animali, in modo che l’uomo restò completamente indifeso e nudo. Così il provvido Prometeo non poté fare a meno di rubare il fuoco e le arti di Efesto e di Pallade Atena dal loro tempio comune, per regalarli al genere umano. Da allora l’uomo è capace di vivere, ma Prometeo – per quanto la colpa fosse di Epimeteo – fu punito per la sua azione.”
Un altro racconto sempre descritto dall’Autore precedente è: “[…] che Prometeo avesse fatto un primo uomo di meravigliosa bellezza e l’avesse tenuto nascosto. Eros avrebbe rivelato il fatto a Zeus che avrebbe mandato a prendere quella bella creatura; questa ricevette la bevanda dell’immortalità e da allora brilla nel cielo come Fenonte, «lo splendente», come da noi si chiamava il pianeta Giove. Oltre a lui Prometeo fece anche altri uomini, modellandoli con acqua e terra. Secondo questi racconti non molto antichi, egli era anche il creatore degli animali. Nelle raffigurazioni di tardi sarcofaghi, specialmente a Roma, si vede come Prometeo formò l’uomo: come una piccola statua che viene animata dalla dea Atena, in quanto questa le porta una farfalla, che nella nostra lingua si dice psyche, come l’anima. Da noi, nella regione della Focide, si mostravano ingenti blocchi di pietra che si diceva avessero l’odore del corpo umano: essi sarebbero stati i resti del fango con il quale Prometeo aveva creato l’uomo. Come gli uomini potessero nascere o rinascere da pietre sarà detto più tardi.”
In entrambi i racconti Prometeo si prodiga per l’uomo, addirittura nel secondo n’è il creatore. Gli altri elementi comuni sono la Terra, il Fuoco, l’Aria di Atena, l’Acqua. L’Aria è, nella creazione, l’elemento direttamente associato e proveniente da una divinità, quindi è ciò di cui dispone l’uomo e che lo rende in qualche modo divino. L’Aria è pneuma, psyche, anima così anche l’uomo. Atena è la dea della sapienza, della strategia militare, non come Marte, delle Arti manuali, l’uomo quindi è archetipicamente pronto ad accettare i doni della dèa (possiede già il suo spirito), seppure sottratti da Prometeo che a questo punto diviene l’Io, il demiurgo.
L’uomo, inteso come essere umano di sesso maschile, seppure avesse origini divine e femminili legate alla Madre Terra, era di per sé imperfetto, mancante; compito di Prometeo era dividere l’essere umano dalle divinità e di perfezionarlo regalandogli il fuoco divino e la donna. Sulla figura femminile nel mito prometeico ci sono diversi racconti, che non approfondirò perché meritano uno studio dedicato, quello che c’interessa è capire il senso della donna vista come premio e punizione per gli uomini. Si racconta che Zeus, già una volta, prima del furto del fuoco agli dei, avrebbe voluto distruggere il genere umano e se non fosse stato per l’intervento di Prometeo, questo sarebbe già accaduto
Un giorno, narra Robert Graves, durante un pranzo a cui partecipavano uomini e dèi tra cui anche Prometeo ed Epimeteo, il primo “spartì un robusto toro. Lo mise amichevolmente davanti ai convenuti, nell’intento di ingannare la perspicacia di Zeus. Per sé e i suoi egli riempì il ventre del toro con carne tagliuzzata e con grasse frattaglie. Per Zeus avvolse invece le ossa in lucido grasso, di modo che non si potesse vedere il contenuto né dell’una, né dell’altra parte. Allora il padre degli dèi e degli uomini gli disse: «Figlio di Giapeto, eminente sovrano, che parti disuguali hai fatto!». Così lo rimbrottò Zeus pieno di eterno senno. Prometeo, dai pensieri tortuosi, gli rispose ridendo tranquillamente, conscio del proprio inganno: «Zeus, celeberrimo e massimo tra gli dèi eterni, scegli tu la parte che più ti aggrada!». Zeus, pieno di eterno senno, comprese bene l’inganno, ma concepì nel suo cuore una contrarietà per gli uomini che doveva poi realizzarsi. Con entrambe le mani egli afferrò la parte bianca, grassa. Il suo cuore si riempì di smisurata ira, quando vide le bianche ossa abilmente nascoste. Da allora gli uomini, sulla terra, bruciano soltanto le bianche ossa, quando sacrificano agli dèi. Quella volta però Zeus tuonò: «Figlio di Giapeto, tu che hai più senno di tutti, volesti dunque ingannarmi!» come punizione per l’onta di Prometeo, Zeus non donò più il fuoco agli uomini e lo nascose. A quel punto Prometeo con l’aiuto di Atena rubò il fuoco dal Sole tramite il quale accese la propria fiaccola e lo consegnò agli uomini. In un altro racconto, invece, Prometeo avrebbe rubato il fuoco dalla fucina di Efesto. Il fuoco avrebbe, in entrambi i casi, permesso una vita più agiata all’uomo al di là del significato simbolico di conoscenza.
Zeus non appena seppe dell’accaduto, adirato, “Preparò immediatamente un male per gli uomini, per ricambiarli d’avere avuto il fuoco.” (Kerényi) creò Pandora. Ci sono due racconti di Esiodo che ne narrano la nascita, non sono importanti i particolari, per lo scopo del nostro libro, ma il fatto che ella fosse andata in sposa a Epimeteo, fratello di Prometeo, e che come dono avesse avuto un vaso che mai avrebbe dovuto aprire poiché conteneva tutti i mali del mondo, sino ad allora, gli uomini, ne erano privi.
Kerényi aggiunge: “Ora invece la donna levò il coperchio del grosso vaso e le lasciò diffondersi dappertutto, con profonda preoccupazione degli uomini. Soltanto Elpis, la Speranza, rimase dentro il carcere indistruttibile, sotto l’orlo del vaso, e non volò fuori. Davanti a lei la donna chiuse il coperchio, secondo la volontà di Zeus. Il resto dello sciame, innumerevole e triste, circola da allora dappertutto tra gli uomini, e la terra è piena di male e pieno di mali è il mare. Le malattie colpiscono gli uomini di giorno, vengono inattese di notte, fatali e mute, poiché Zeus astuto negò loro la voce. Non vi è dunque alcuna via per ingannare la perspicacia di Zeus.”
Se esiste la donna, cogliamo dal mito che il merito è di Prometeo, che ha voluto fornire, prima la conoscenza, ma nello stesso tempo, appare ch’ella sia stata la portatrice di ogni male, così come nel Vecchio Testamento è stata colei che ha fatto cacciare l’uomo dall’Eden a causa del furto della mela, sempre per lo stesso motivo: la conoscenza. La misoginia, in entrambe le opere letterarie, è molto evidente, questo, secondo me, è da mettere in relazione al fatto che l’uomo, in quanto essere di sesso maschile, non dona la vita, dunque, l’Archetipo Grande Madre, viene visto come qualcosa di troppo pressante, fagocitante, tanto da farlo sentire inferiore. I racconti mitici, perché di questo si tratta, di storie, non fanno altro che nascondere, in questo caso, la paura ancestrale dell’impotenza dell’uomo/maschio rispetto alla natura, al creare la vita. L’uomo crea capanne, case, costruisce, va a caccia ma non può dare la vita, si sente psicologicamente mancante di 1/3, a mio avviso, ovvero 2/3 sono la potenza creatrice della donna, 1/3 il seme dell’uomo, anche se biologicamente non è così, ma c’è una perfetta parità.
Per concludere: “Con questi mali, e precisamente con le malattie, venne nel mondo anche la morte e così si compì la distinzione tra gli uomini e gli dèi immortali. La creatura, antenata di tutte le donne, si chiamava Pandora, tradotto esattamente «ricca di doni», «che dona tutto», nome dato anche alla terra stessa con cui essa era stata fatta.”
Quella appena raccontata è la punizione per gli uomini, ma anche Prometeo pagò direttamente le conseguenze del suo furto, infatti: “Si raccontava che Zeus avesse legato l’astuto titano Prometeo con vincoli particolari, conficcandogli attraverso il corpo una colonna, come un palo. Un dipinto vascolare antico mostra Prometeo, «con la colonna nel mezzo», assalito da un’aquila. Si diceva che fosse stato Zeus a mandare l’uccello, che si pasceva dell’immortale fegato di Prometeo. Ciò che l’aquila consumava di giorno, ricresceva regolarmente di notte. La punizione doveva durare per lunghissimo tempo. L’incatenamento in origine era previsto per l’eternità, affinché gli uomini non avessero mai più un aiuto così astuto contro gli dèi. La tragedia di Eschilo – andata perduta – su «Prometeo, portatore del fuoco» finiva con l’annuncio che il Titano era stato legato per trentamila anni. Ciò significava allora il più lungo periodo cosmico. Nella tragedia rimasta conservata, Prometeo incatenato, la liberazione è predetta già per la tredicesima generazione. E così avvenne.”
Prometeo verrà liberato da Ercole mentre quest’ultimo era alla ricerca dei Pomi d’oro delle Esperidi. Dobbiamo ricordare che questa fatica è associata al terzo segno zodiacale, i Gemelli, governati dal pianeta Mercurio-Ermes che è in stretta relazione con la conoscenza, la comunicazione. In un’altra versione del mito Ercole salva la vita di Prometeo in cambio di quella del centauro Chirone che era stato ferito per errore da una freccia intinta nel veleno dell’Idra. La liberazione di Prometeo passa attraverso il sacrificio di Chirone.
Altro particolare interessante è che Prometeo e Atlante, che sono fratelli, si trovassero ai due estremi opposti della terra, il primo incatenato ad Oriente e il secondo a Occidente nei pressi del giardino delle Esperidi a tenere il mondo sulle proprie spalle.
Considerazioni
Prometeo ha generato l’uomo attraverso la creta e donandogli la scintilla divina, così come ha fatto
il Dio ebraico del vecchio testamento, gli ha regalato il fuoco, la conoscenza. Ha convinto Zeus a
non distruggere l’umanità, è sempre stato dalla parte delle sue creature. Prometeo è quello che
nell’oroscopo è più vicino al significato del pianeta Urano, visto come rivoluzione, innovazione,
andare contro corrente, pensare all’umanità, al gruppo. E’ anche vero che nell’opera Prometeo liberato vi è una frase detta dal titano ad Ermes: “Breve dirò: odio tutti gli dèi / cui feci bene e mi hanno reso male“. Quindi, in qualche modo ci avverte che chi rema o ha remato contro di lui sarà odiato, scardinato. Per Prometeo/Urano qualsiasi azione compiuta da lui è sempre a fin di bene, non può avere effetti negativi. In un oroscopo gli aspetti di Urano, siano essi positivi e o negativi, permettono di guardare il mondo da un altro punto di vista, di cambiare la visione del pianeta con cui entra in relazione, di rivoluzionare ogni cosa. Sintonizzarsi sulle frequenze di Urano è molto impegnativo perché distrugge gli equilibri fissati dai sette pianeti precedenti: Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno.
Il fuoco donato da Prometeo è stato dato non a un uomo ma all’umanità intera. Prometeo è comunque nipote di Urano, poiché figlio di Giapeto, ne mantiene alcune caratteristiche ereditarie. La punizione di Zeus, che lo incatena a una rupe e ne fa divorare il fegato a un’aquila, ricorda la simbologia zodiacale di Zeus/Giove, Sagittario e il fegato associato al medesimo pianeta. Prometeo è contro le istituzioni, il sapere consolidato e didascalico rappresentato dal Sagittario e dalla nona casa zodiacale. Il modo di dire: avere fegato, inteso nel senso di non avere paura, è proprio di Prometeo. Il fegato viene divorato, si ha paura di morire, ma poi ricresce. Continuiamo ad avere fegato, coraggio. La parola coraggio possiede la radice cor, latina, ovvero cuore, che è in relazione con il Sole e dunque con Apollo. Prometeo ruba il fuoco al Sole che si trovava sul carro di Apollo.
Gli aspetti del Sole con Urano fanno le persone originali, coraggiose nell’affrontare il mondo in modo diverso, che cercano punti di vista sempre diversi, schemi per interpretare il mondo e se stessi. Il rischio è che si perdano nel relativismo e nel nichilismo, ma questo può dirlo l’analisi totale de tema natale Ci sono diversi tipi di coraggio: in battaglia, in situazioni familiari, a seconda degli aspetti del Sole con pianeti diversi, per segno e per casa, si possono avere diverse manifestazioni di coraggio. Tornando a Prometeo possiamo affermare ch’egli vive delle sperimentazioni sul campo, raccolte dai sensi attraverso Mercurio-Ermes, vive della prova reale.
L’uomo disinteressato è rappresentato dal segno dell’Acquario, segno che si prodiga per il gruppo, affinché tutti stiano bene, ma il punto di partenza è l’opportunità sana ed egoistica di star bene in prima persona e poi a cascata questo “bene” si estenderà anche agli altri. Per questo, spesso, tale segno, assieme al pianeta, è definito “opportunista” con tonalità negativa. Come nel mito di Urano, l’opportunismo è stato rispedire i figli dalla madre, anziché integrarli, in qualche modo.
Una riflessione che ritengo interessante è questa: Ercole, mentre stava compiendo la sua terza fatica, corrispondente al segno dei Gemelli (ancora affinità con Mercurio), s’imbatte in Prometeo incatenato alla roccia a Est rispetto a suo fratello Atlante, quindi se Prometeo ha dato vita all’uomo è pensabile che l’ascendente, rappresentando la venuta al mondo, la nascita, abbia un significato prometeico, per di più è il punto a Est dello zodiaco. C’è da aggiungere che il fegato ricresce durante la notte per poi essere nuovamente divorato al mattino. Prometeo riprende coraggio quando il Sole tramonta a Ovest. Il percorso del Sole attraverso i segni e le case possono rappresentare, come affermato anche da altri astrologi, una possibile interpretazione del viaggio di Ercole, dell’Eroe.
La posizione di Urano nelle case diviene, quindi, fondamentale per capire come e dove metteremo in pratica le sue caratteristiche prometeiche. Affinché Urano si manifesti pienamente in un tema natale deve scardinare il punto di vista del soggetto sul mondo rappresentato dal suo Ascendente, deve cercare di trasformarlo nel suo opposto. Ad esempio se una persona con l’ascendente Bilancia vede il mondo come equilibrio, ordine, affinché Urano germogli il soggetto deve cercare di vedere il mondo come se avesse un Ascendente Ariete, Urano per casa e per segno, indicherà la strada verso la rivoluzione. Il segno sul Discendente, il suo governatore devono divenire il punto di vista di Urano. Come abbiamo visto il Sole (Ercole), Saturno (figlio), Giove (antagonista), Venere (armonia), Erinni (vendetta), sono in relazione stretta con Urano. Riassumendo: Urano è liberato dal Sole ma castrato da Saturno, si muove entro i loro schemi o almeno per esprimersi dovrebbe seguirli. La strada segnata è quella tra i due pianeti, la libertà solare entro i limiti di Saturno. Quando si eccede in libertà illimitata, s’inflaziona il ruolo solare, come è accaduto nel momento in cui ha regalato il fuoco agli uomini è giunta la punizione di Giove; chi, meglio di questo pianeta, comprende quando un’azione è “esagerata”, troppo “grande”. Giove conficca una colonna nella schiena del Titano, come se volesse tenere fermo, rigido (Saturno) e lascia che la sua aquila gli divori il fegato. Come scrivevo in precedenza, avere fegato significa avere coraggio. L’atto di Giove è quello di privare Prometeo del coraggio, qualità che può nascere dal fatto di avere fede nei propri mezzi ma anche nella ricerca dell’identificazione in qualcosa di più grande senza essere certi di averne la forza o le competenze. Il sacrificio degli eroi è un atto di coraggio disinteressato che si lancia nel raggiungimento di obiettivo fideistico. Quando si cerca di andare oltre le istituzioni, la norma, Urano viene castrato. Sia che si tratti di Giove che di Saturno la punizione consiste nel privarlo di una parte del corpo, coraggio e attributi maschili. Non a caso, si afferma di una persona senza coraggio, di essere “senza palle”. Urano/Prometeo è il coraggio di andare contro le regole, non è il coraggio di Marte che si lancia impetuoso. Urano vede il futuro nel senso della pianificazione verso un obiettivo armonico (Venere) è una sorta di coach che desidera trasformare la realtà. Quando gli obiettivi non sono rappresentati dalla posizione di Venere per casa e per segno, appaiono le Erinni, sorelle antagoniste ed opposte a Venere. Analizzare il punto opposto a Venere, ovvero le Erinni, in un tema natale, può fornirci indicazioni rispetto alle scelte sbagliate che il soggetto potrebbe intraprendere e le motivazioni che le hanno scatenate, che hanno scatenato le Erinni.
Urano nel tema Natale, linee guida
Riassumendo i nuovi elementi da cui partire per cercare di fornire una nuova interpretazione di Urano sono:
- La posizione del Discendente, il suo governatore per segno e per casa.
- La posizione delle Erinni, punto opposto alla posizione di Venere
- La posizione di Venere
- La posizione del Sole, di Saturno, di Giove.
Il Discendente e il suo governatore ci indicano come Urano debba vedere il mondo.
Le Erinni sono l’energia che può dare avvio alla spinta uraniana, ma che poi deve essere limitata per tornare all’equilibrio venusiano.
Giove e Saturno segnano i limiti entro cui Urano deve muoversi, sono coloro i quali puniscono il titano, rompono le uova nel paniere quando si superano le loro istanze o si abusa dell’utilizzo simbolico dell’Erinni.
Il Sole è l’elemento che permette l’espressione di Urano: il liberatore.