Mi capitava spesso di riflettere sul simbolismo astrologico, in generale, e non capire razionalmente il senso del mito, del simbolo che si cela dietro di esso (aspetti, transiti smettono di comunicare con me). Avvertivo l’impalcatura astrologica distante dal mondo, dalla realtà, dal concreto. Altre volte, al contrario, sempre in modo razionale, tutto tornava ad avere un senso, una forma.
Proprio a causa di questo “altalenare” di senso, di validità ho avuto momenti in cui ho abbandonato l’astrologia, l’ho messa da parte, non l’ho praticata.
In venticinque/ventisei anni circa, da quando mi sono appassionato a quest’Arte, credo di aver compreso il perché dell’ambivalenza della mia lettura del simbolismo astrologico, del perché non mi parlasse più, era un problema di “coscienza” intesa in senso panico. E’ la mia coscienza che deve sentirsi parte del Creato per poter rileggerne il contenuto, per riceverne dei messaggi, per coglierne (logos) il senso. Mi devo comunque e sempre approcciare all’astrologia, ai suoi metodi con la razionalità necessaria, con il distacco critico ma nello stesso tempo questo mio approccio deve sentirsi parte del tutto, della coscienza del mondo, in qualche modo devo parlare con il mondo e lui con me, devo sintonizzarmi a livello profondo con esso, non devo mai dimenticare che sono un individuo che vive in relazione con il tutto. Vogliamo chiamarlo inconscio collettivo, etere o in qualsiasi altro modo è, almeno per me, fuor di dubbio che simbolo, uomo, materia, mondo sono la medesima cosa.