Cosa ne pensa, Dott. Vitolo alla luce della sua esperienza di analista e studioso del pensiero di C. G. Jung, di questa esperienza di chiusura forzata “entro i confini” che la popolazione mondiale sta vivendo a causa della pandemia causata dal COVID-19? Il “ceppo di confine”, ci ricorda Omero, è stato utilizzato da Atena per picchiare, rimettere in riga suo fratello Ares durante la guerra di Troia, gli dèi si stanno rivoltando contro di noi, sono diventate malattie?
Nell’aprir riflessione e domanda, Lei, Dr. Quagliarella sceglie una metafora mitologica d’origine omerica, che riguarda Atena ed Ares, la nascita e fine d’una guerra ( di Troia ). Erich Neumann (meno studiato perché ebreo e dotato di un pensiero sistematico, impegnativo e poco ‘seducente’), Hillman e Calasso hanno magistralmente trattato il primato universale del mito, che propongo di condividere come inizio dell’immaginazione creativa, ora e sempre.
Il fascino della guerra è indiscutibile. Hillman, da me intervistato prima di un comune impegno all’Accademia dei Lincei, parlava di ‘terribile amore per la guerra’. Elena è legata ad Eris, discordia.
Da febbraio 2020 si parla del Covid 19 come di un nemico invisibile. Dubito. I virus e i batteri decidono dalla notte dei tempi la vita umana. Lo ricordava a febbraio G. Cosmacini, lo ha immaginato David Quammen, autore di Spillover, Adelphi.. La condizione attuale riguarda una pandemia sorta in modo oscuro. Non solo daI pipistrelli, forse da laboratori e agenti segreti (Cina, U.S.A., Russia). Diffondendosi, i virus mutano (la variante lombarda). Un primato appare chiaro: l’aria, il soffio dello spirito, la de-ossigenazione dei polmoni : una sindrome planetaria, di stampo aquariano, direbbe Jung. All’eone cristiano dei Pesci succede, secondo l’originaria configurazione dello Zodiaco, opposta all’attuale, una turbolenza aerea, che spazza l’Io. Un fenomeno somatico, ma anche psichico, un tratto dell’ inconscio collettivo (1936, testo che ho avuto l’onore di tradurrre per B. Boringhieri). Jung considerava l’ inconscio collettivo un mito scoperto da lui.
Mi addolora il fatto che, ben prima di e ben oltre le statistiche su degenti, morti e guarit, permanga il carattere di profanazione della morte. Col Covid 19 si muore straniati e soli, nonostante la dedizione umanissima di medici e infermieri. In definitiva aria, terra, acqua danzano in attesa del fuoco… della conoscenza! Nel 1348 da Wuhan (!) si diffuse in Europa, e non solo, la peste. Boccaccio immaginò che sette fanciulle e tre giovani in una villa fiesolana raccontassero (Decameron) novelle a tema quotidiano per 10 giorni, appunto…
Le vengono alla memoria delle riflessioni, degli scritti di C. G. Jung, che potrebbero aiutarci a vivere l’esperienza presente magari come forma rituale per riavvicinarci al sacro di Estia della casa, della famiglia o a rileggere Ermes come un’altra forma di comunicazione e scambio che potrebbe apparire come necessaria nei prossimi anni?
Un principio dominante in Jung è il seguente: La psiche umana di è la realtà più reale di tutte. Ciò non implica una sottovalutazione del corpo ( oltretutto la psiche, che il mito personifica in Psiche alata, che tende al regno dei morti, è una funzione biologica ). Implica piuttosto l’intreccio tra mondo organico e mondo psichico. Per esempio ritengo che la Cina esprima i conflitti dell’inconscio collettivo anche per la censura stabilita rispetto a I Ching. Quanto alle categorie mitologiche, sarei prudente. Roscher, Kerènyi, Philippson sono vie fondamentali della mitologia, che tra ‘800 e ‘900, da Bachofen a Frobenius, Klages, Frazer, vanta classici oggi misconosciuti. Ogni mito ha una struttura intrinsecamente logica. Evocare Estia è giusto. A patto che riconosciamo in Estia gli affetti di ogni età e la capacità del sonno di ospitare il sogno. La lesione di Estia inizia, in tempi vicini, con La metamorfosi di Kafka, in cui, 20 anni prima dei Lager ( al tempo dell’epidemia di spagnola ), Gregorio Samsa, al risveglio- allucinatorio- si ritrova scarafaggio, finendo poi spazzato dalla domestica. Ermes è un dio centrale in Jung, che in molte pagine ne mostra non solo la potenzialità creativa, ma anche gli aspetti di rischio ( velenoso, truffaldino ). In tale direzione il Covid 19 sfida a far sopravvivere Estia e a soppesare Ermes, per ora inteso solo come vaccino. Se
potessi indicare a chi ama meditare su Jung una lettura o rilettura, proporrei senza dubbio La sincronicità come principio di nessi acausali’, 1952, un’opera matura, che non ha nulla di magico, ma al contrario educa alla responsabilità di intuire gli aspetti misteriosi della mente.
Uso di proposito, nella domanda precedente, la parola “necessaria” per avvicinarlo al giogo di Ananke, del Destino. Quanto secondo lei l’umanità ha avuto modo di agire, di muoversi e di scegliere questo destino collettivo? Possiamo pensare agli uomini che fanno parte di un’unica comunità con una sua Anima, Animus che è la somma delle parti di tutti gli esseri viventi o è più giusto parlare di “destino collettivo”?
È la domanda elettivamente junghiana. I nomi greci del destino, incluso il kaiρός, momento propizio, indicano la preminenza di un’oscura forza oggettiva, appunto pensabile come inconscio collettivo, che opera nell’Ombra e si rende visibile per squarci archetipici acausali. Da secoli la necessità è iscritta nella matematica. Perciò oggi è l’algoritmo a qualificare al più alto grado la previsione di un decorso. Credo però che il destino (presente in Freud non meno che in Jung) sia un ambito collettivo che esige apertura alla trasformazione. Siamo figli delle stelle e, oltre ogni necessaria prudenza, Lei non può non dispiegare, al di là della Sua cultura in psicologia del profondo, il valore di necessità insito nell’astrologia. Gli astri, oltre ogni chiacchiera – penso all’eminente A. Barbault – son legati al carattere di necessità del destino, non solo ad un’ inclinazione. La parte che ci tocca, μέρος, la vediamo ancora come Moire (Cloto, Lachesi, Àtropo). Viviamo nella paura di interrogarci su nascita e morte, dunque nella paura del destino.
Credo, tuttavia, che l’angoscia più grande riguardi la sottile certezza, in tutti: noi che miriamo ad un metodo comparativo, intorno ad un dato perturbante: la necessità, il destino, sono una realtà che prescinde dalla causalità e dal tempo lineare. L’Essere il mistero perenne insito nella nascita e nella morte, culminano, nel Covid 19 in una realtà dominata dalla dissoluzione del divenire. Si esiste, ci si ammala, si muore. Tale contrazione, necessaria, riguarda tutti e tutte le discipline. Essa ci obbliga a riflettere sulla sincronicità (Pauli-Jung, 1948), che inizia nei sogni. Ogni evento cosmico è immerso in una sincronicità pensabile solo in parte. Il mito – orientato a narrare la metamorfosi – tenta di narrarla, come la psicologia analitica e l’astrologia.
Ci conosciamo da diverso tempo e sappiamo entrambi della passione che ci accomuna riguardo al pensiero di C. G. Jung sull’Astrologia. Pensa che, in qualche modo, ci possano essere dei pianeti, dei segni zodiacali che dal punto di vista simbolico possano essere messi in relazione con il vissuto collettivo del momento attuale?
La mia percezione e il sogno d’un amico epidemiologo, jazzista, Eugenio Lucrezi, con cui condivido l’amore per la poesia, mi spingono a credere che il 2020 produrrà sommovimenti consistenti, forse catastrofici, nell’acqua (il mare), nel fuoco, in terra, non solo in aria. Marte, Saturno, Urano, Nettuno, Plutone danzano una danza cosmica che sarà il corrispettivo di Covid 19. E Giove e Venere faranno la loro parte. Tutto ciò ha statuto di necessità. E, da profano, benché da convinto junghiano, ammetto di aver paura di conoscere di più da me solo. L’astrologia comporta paure e censure: Peter van Wood mi raccontò 40 anni fa che aveva ‘visto’ il terremoto del 1980, 23 novembre, e di aver avvisato il direttore di rete in TV, per cui stilava l’oroscopo. Fu diffidato, pena il licenziamento immediato. D’altra parte una donna a me cara, 5 minuti prima, mi disse di prendere il bambino che era con noi, porci sotto una colonna di cemento armato al quinto piano e poi, valutato il tutto, esser pronti a fuggire per le scale.
Ci salvammo, mentre a 300 metri vi fu un morto.
Antonio Vitolo, analista didatta junghiano, è membro AIPA/AIAP (Associazione It. e Internazionale di psicologia Analitica), presidente dell’AIPA, 2006-2010, dal 2018 membro docente CIPA-IAA P, ha insegnato per contratto nella II sc.di Specializzazione di Psicologia 1, Roma, 1991-2007 e , in cattedra, a Psicologia, Unina2, 1996-2002. Ha curato con Luigi Aurigemma Opere di C.G. Jung nella collana Biblioteca Boringhieri, 1977-1995, con introduzioni ai singoli testi. Ha tradotto Il concetto di inconscio collettivo e Sul rinascere di C.G. Jung, è autore di oltre 125 articoli teorico-clinici, alcuni in francese, inglese, tedesco, portoghese, giapponese, 1400 ore di seminari, 17 convegni nazionali e internazionali presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Palazzo Serra di Cassano, Napoli, trasmissioni in Raidio3, oltre 350 conferenze nazionali e internazionali. Autore di Un esilio impossibile. Neumann tra Freud e Jung, Borla 1990 e Le psicoterapie, Il Saggiatore 1997 e 3 libri a cura, Radici della cura laica, Borla 1994, Nascita, morte, trasformazione, Menti eminenti in sogno, Magi, 2007, ha tradotto e curato anche l’edizione italiana de La Grande Madre di E. Neumann, Astrolabio, 1980 e Psiche e Materia di M.L. von Franz, Bollati Boringhieri, 1992. 600 conferenze, tra cui Accademia dei Lincei, Sc. Normale Superiore di Pisa, Alma Mater Bologna, Univ. di Firenze, Sassari, Roma, Napoli, Cesena. Conf. IAAP in Berlino, Rio de Janeiro, Montreal, Kyoto. Vive e lavora a Roma e Napoli.