Il termine “divinazione” deriva dal latino “divinatio” che a sua volta proviene dal verbo “divinare”. Questo verbo significa “predire” o “congetturare” ed è correlato a “divinus” che significa “divino”. Quindi, in termini semplici, la divinazione si riferisce all’atto di cercare di prevedere o capire eventi o questioni attraverso mezzi considerati divini o soprannaturali. Quando siamo posseduti da un dio avremmo la capacità di divinare che significa fare congetture.

Il termine “congettura“, invece, deriva dal latino “coniectura”. Questo, a sua volta, proviene dal verbo latino “coniicere”, che si scompone in “con-“, un prefisso che significa “insieme”, e “iacere”, che significa “gettare”. Quindi, letteralmente, “coniicere” può essere inteso come “gettare insieme”.

In un senso più figurato, il verbo “coniicere” era usato per indicare l’atto di unire insieme diversi pezzi di informazione per formare una supposizione o una teoria, da cui il significato moderno di “congettura” come supposizione basata su informazioni incomplete o incerte.

In greco moderno, la parola “congettura” si traduce come “υπόθεση” (pronuncia: ipóthesi). Questo termine è usato in modo simile a come usiamo “congettura” o “ipotesi” in italiano, per indicare un’affermazione o una proposta che è stata fatta come spiegazione possibile di qualcosa, ma che non è stata ancora confermata.

Il termine “ipotesi” deriva dal greco antico “ὑπόθεσις” (hypóthesis). Questa parola si scompone in “ὑπό” (hypó), che significa “sotto”, e “θέσις” (thésis), che significa “posizione” o “tesi”. In senso letterale, quindi, “ὑπόθεσις” può essere intesa come “ciò che è posto sotto”

Nel greco classico, un termine che potrebbe corrispondere a “congettura” è “στοχασμός” (stochasmos), derivato dal verbo “στοχάζομαι” (stochazomai), che significa “mirare a“, “cercare di indovinare“, o “congetturare“. Questo termine è legato alla parola “στόχος” (stochos), che significa “obbiettivo” o “bersaglio“, e implica l’idea di fare una stima o una supposizione su qualcosa.

Essere posseduto da un dio allora ci permetterebbe di fare congetture, ipotesi, predizioni. Ma come avveniva nelle Grecia antica tutto ciò?

Il delirio di sacerdotesse che profetizzano in stato di trance esprime una conoscenza estatica che si avvale di schemi di pensiero obliqui, quali l’enigma e la metafora. Lo stesso Platone, del resto, accettava come un dato di fatto l’idea tradizionale che gli stati allucinatori della mente sono un mezzo di contatto con le forze divine e occulte che formano una realtà più alta di quella visibile: per usare le sue parole, solo quando la forza dell’intelligenza (phronéseos dynamin) è inceppata dal sonno o dal delirio un uomo può pervenire a quella speciale e superiore forma di conoscenza che è la divinazione, “unico farmaco contro la stoltezza umana”, dato che “nessuno che sia padrone della propria mente raggiunge una divinazione ispirata dal dio e veritiera”  persino Aristotele, notoriamente scettico verso ogni forma di divinazione, riconosceva come un dato di fatto empirico la capacità di preveggenza di “certe persone predisposte alla trance (ekstatikol)“.  G. Guidorizzi, Ai confini dell’anima. I greci e la follia.

Attraverso l’enigma, la metafora c’era la possibilità di “divinare”, “predire”. La metafora è qualcosa che il soggetto coglie, qualcosa che è nascosto dietro le parole e dipende strettamente dalla sua coscienza, dal suo modo di vedere il mondo. In un certo momento posso anche non cogliere la metafora, ma quando l’evento è accaduto allora tutto prende forma e senso, oppure io riesco attraverso la metafora a creare diverse ipotesi rispetto a quanto potrebbe accadermi, ma sono appunto ipotesi, da verificare, proiezioni dettate dal mio essere più profondo fatto di carne, ossa, sangue ed esperienze del passato, quindi mie. La stessa predizione metaforico per un’altra persona potrebbe avere tutt’altro senso. Questa è una delle spiegazioni dell’utilizzo dell’astrologia in ambito “previsionale”, è utile ad aprire prospettive attraverso enigmi e metafore, attraverso un linguaggio e un discorso narrativo in cui il ruolo principale è quello del consultante, nel cogliere le sfumature, il senso che quello che viene detto ha per lui.

“[…] chi è “posseduto” da un dio sperimenta forme di esperienza paranormali, dato che chi si trova in questo stato non è un povero alienato ma un éntheos, un uomo in cui “abita un dio“” G. Guidorizzi, Ibidem

La parola entusiasta deriva proprio da “entheos”. Chi è abitato da un dio ha un visione del mondo presente e futuro costruito su ipotesi, è spinto avanti verso il futuro, potenzialmente fa congetture ottimistiche, si sente spinto dalla “divina-azione”.