Efesto
Come Ares anche Efesto possiede dei natali “particolari”, in alcuni racconti si narra essere figlio di Era, ma senza padre anche lui, in altri figlio di Era e di Zeus, ma prima che i due fossero ufficialmente sposati. Kerenji riassume nel dettaglio:
“Si trattava della nascita di un bambino che zoppicava da tutti e due i piedi, poiché le loro piante e le loro dita erano rivolte all’indietro, adatte dunque non al camminare bensì a un movimento rotolante di tutto il corpo in avanti. In antiche raffigurazioni vascolari si vede chiaramente questa deformazione e si sentirà ancora come Efesto, simile a una ruota di fuoco nel cielo, scaraventato giù dall’Olimpo, abbia impiegato una giornata intera per raggiungere la terra. La sua nascita era stata prematura in quanto era avvenuta in quel periodo di trecento anni nei quali Era aveva avuto soltanto rapporti segreti con Zeus. L’aborto era stato il frutto di questa prematurità e il concepimento senza la cooperazione di un uomo non era stato che un pretesto – così affermavano alcuni, mentre altri dicevano che Efesto era nato dalla coscia di Era”
I punti comuni tra le due divinità sono il rifiuto da parte dei genitori, la madre in comune, l’ascesa all’Olimpo, a prescindere da queste mancanze e la relazione con Afrodite, divinità dell’armonia, della bellezza di cui si leggerà più avanti. Tornando a Efesto è importante notare la sua bravura di artigiano, nella costruzione di manufatti, ma anche della prima donna, Pandora. Era un grande artefice realizzava anche catene, una di queste servì per legare Prometeo alla roccia, dopo la punizione inflitta da Zeus, un’altra è quella che gli permise di ascendere all’Olimpo quando legò sua madre Era.
“Si narrava dunque che Era, vergognandosi del suo aborto, aveva allontanato Efesto e aveva cercato di nascondere la sua maternità, per cui egli le aveva serbato rancore. Sembra che quale artefice famoso egli avesse ottenuto l’incarico di fare dei troni per gli Olimpici. Ad ogni modo egli mandò un trono per Era. Questa si rallegrò del regalo, si sedette sul trono e immediatamente vi restò legata da sottili catene. Il trono si sollevò con la dea incatenata e si librò nell’aria. Nessuno riusciva a liberare Era e grande era la costernazione tra gli dèi. Essi riconobbero la malizia di Efesto e lo mandarono a chiamare affinché liberasse la madre. Ma l’astuto artefice rispose dispettosamente di non avere madre.”
Winnicott scriveva, in Gioco e Realtà, a proposito di un suo caso in cui un bambino legava gli oggetti con dei lacci alla ricerca di un legame causato dall’abbandono materno.
“Dissero che il ragazzo era diventato ossessionato da ogni cosa avesse a che fare con i lacci e che in effetti ogni qualvolta andavano nella sua stanza era probabile che avrebbero trovato che aveva unito insieme sedie e tavoli; potevano trovare il cuscino, per esempio, con un laccio che lo fissava al camino. Dissero che la preoccupazione del ragazzo per i lacci stava gradualmente sviluppando un nuovo aspetto che li aveva preoccupati ancora più del solito. Egli aveva di recente legato un laccio intorno al collo della sorella (la sorella la cui nascita aveva prodotto la prima separazione di questo ragazzo dalla madre). […] Spiegai alla madre che questo ragazzo si trovava di fronte a una paura di separazione, e tentava di negare la separazione facendo uso del laccio, così come uno negherebbe la separazione da un amico usando il telefono.”
Proprio in Efesto ritroviamo questa dinamica del legare, del tenere assieme, Efesto era stato abbandonato. Nel tema natale possiamo identificare Efesto con il pianeta Urano, anch’egli originale inventore a proprio modo, ma anche rifiutato, infine dagli, dèi.