L’etimo del termine poesia deriva dal greco poiesis (ποίησις). Poiesis per i greci significa “fare”, “inventare”, “comporre”, “costruire” in modo unico, come fa l’artigiano con il proprio lavoro, creare opere irripetibili.

M. Heidegger avvicina il concetto al movimento che porta la trasformazione di qualcosa in qualcosa d’altro, un momento di oltrepassamento di una soglia, di passaggio che possiamo trovare anche nelle lettura delle poesie di Holderlin. Franco Volpi parlando di Heidegger e più in generale della fenomenologia ricorda che quella: “aristotelica contempla infatti i tre fondamentali movimenti scoprenti della vita: póiesis, práxis, theoría, e le tre disposizioni corrispondenti: téchne, phrónesis e sophía.” ACTA PHILOSOPHICA, vol. 11 (2002), fasc. 2- PAGG. 291-313

L’interpretazione del tema natale, il suo racconto è un momento unico di poiesis, di poesia, di realizzazione di qualcosa di unico, irripetibile che avvicina alla soglia della conoscenza di altre parti di sè, il consultante, ma anche l’interprete. Per raggiungere la poiesis c’è però bisogno della padronanza della tecnica (téchne), quindi per ogni tecnica astrologica possiamo ottenere poiesis, opere d’arte differenti che possono essere utili o meno al consultante a seconda delle corde che toccano, delle sue aspettative.