A leggere tutte le definizioni di resilienza sembra chiaro che non possiamo fare altro che adattarci al sistema, all’ambiente quando questo sembra ci remi contro. Piegarsi a 90° è il dogma della resilienza e poi subito dopo dobbiamo capire quale olio usare per addolcire la “pillola”.
Il termine resilienza è abusato in ogni dove, dal lavoro alla vita quotidiana. Se mi capitano le sfighe io “resilio”. Invece no. Ogni giorno ci capitano cose belle, brutte, neutre, si chiama vita, l’unica cosa che possiamo farle e accettarle come “necessarie” perché non possono essere altrimenti e reagire per star bene. Ma ogni reazione per star bene è singolare e personale non può essere generalizzata. Io posso reagire piangendo, ridendo, ubriacandomi senza finire nella dipendenza e dopo trovo un senso all’accaduto. La ricerca del senso è la vera “resilienza”, ma io cambierei parola, anche se una non basta, forse, si chiama Vita e destino con il quale dobbiamo convivere! Dobbiamo rileggere il mondo attraverso altre prospettive, non un’altra prospettiva, ma la mia prospettiva, che è unica e irripetibile, va cercata, compresa, vissuta. La lettura del tema natale è una delle strade.