A volte qualcuno mi chiede perché mi sono avvicinato all’astrologia, proverò a rispondere.
L’Astrologia continua ad affascinarmi, sono ormai 29 anni che la studio, la approfondisco, la sperimento, sempre da autodidatta (non amo i MAESTRI), leggendo qualsiasi autore e facendomi un’idea mia; la magia dopo tutti questi anni è sempre la stessa. Ho fatto mente locale e mi sono chiesto: perché mi sono interessato a questa disciplina di confine? Sin da piccolo, forse come la maggior parte dei bambini, avevo un paio di amici immaginari, ci giocavo, li sognavo. Amavo tutte le fiabe, soprattutto Pinocchio e Peter Pan, qui c’è lo zampino di Mercurio, tant’è vero che Domizia, che sarebbe diventata mia moglie, senza saperlo mi chiamava Peter Paolo, prima che ci mettessimo assieme.
Crescendo, essendo profondamente timido, mi chiedevo come facessero gli altri ad essere così solari, estroversi, temevo il giudizio degli altri, allora mi avvicinai all’astrologia, alla magia bianca, a Cornelio Agrippa e Paracelso che sembravano offrire facili vie per raggiungere i propri obiettivi senza bisogno di fare azioni, di entrare in relazione con le persone. Con l’astrologia, a parte costruire talismani planetari, avevo capito che avrei potuto scoprire a cosa ero destinato, quale sarebbe stato il mio destino già “segnato” dagli astri e come fossero le persone vicino a me, il loro carattere.
La risposta alla domanda non è una, ma sono diverse:
- Bisogno di controllare la realtà
- Capire a cosa ero “destinato”
- Mantenere vivo il “senso del magico” nella vita, come per le fiabe e gli amici immaginari.
- Bisogno d’identificarmi e avere un’immagine di me diversa dalle altre persone, non migliore, ma unica.
- Scoprire come erano gli altri senza bisogno di relazionarmi in modo diretto con loro.
Cosa è rimasto oggi di queste risposte? Il voler mantenere il senso del magico nella vita e condividerlo di persona con gli altri, attraverso le relazioni, cosa che mai avrei immaginato quando avevo sedici anni.