L’Astrologia è uno strumento che permette alla nostra mente di viaggiare in un cielo ricco di divinità, nel cerchio zodiacale. L’interpretazione astrologica non perde di significato se si pone nel solco di un racconto che si snoda tra le relazioni dei pianeti con i segni e tra loro. Trascurare i pianeti, gli dei, nel nostro vissuto, gli archetipi può non condurci ad una piena consapevolezza. Gli archetipi si mostrano, appaiono, si costellano, diventano rappresentazioni archetipiche di immagini anche senza la lettura astrologico planetaria, ma attraverso altre lenti artistiche: musica, arte, poesia, ecc… Ma ognuno di essi può essere ricondotto ad un mito, ad un pianeta e viceversa. Il mondo è relazione tra simboli e immagini, tutto rimanda a tutto. Allo stesso modo la malattia deve essere trattata dal medico oltre che con i farmaci e le cure necessarie anche attraverso una rilettura mito-archetipica. James Hillman evidenzia quanto ho riassunto in questi passi tratti da Fuochi Blu.

Il caelum, dunque, è uno stato della mente. Visualizzatelo come un cielo notturno, disseminato dei corpi aerei degli Dei, le costellazioni astrologiche a un tempo bestiario e geometria, partecipi di tutte le cose del mondo come loro terreno immaginale. Il caelum non ha luogo, beninteso, nella vostra testa, nella vostra mente; è piuttosto la vostra mente che si muove nel caelum, sfiora le costellazioni; il cranio spesso e capelluto che si apre per lasciare entrare più luce, la loro luce, rendendo possibile una nuova idea di ordine; un’immaginazione cosmologica il cui pen­siero spiega il cosmo con le forme delle immagini. […]

Evitare ogni interpretazione non significa non toccare il sogno. C’è molto lavoro da fare anche .senza tradurlo in concetti o trarne insegnamenti da applicare direttamente alla vita. Il sognatore o l’analista possono attingere a un patrimonio di conoscenze, all’immaginazione e al sentimento, nonché a molteplici fonti tradizionali, come l’astrologia, le leggende o la pittura, lavorando sul sogno senza fargli violenza. […]

Studiare il complesso o esaminare la psicodinami­ ca e l’anamnesi solo in termini personali non è suffi­ ciente, perché l’altra metà della patologia appartiene agli Dei. Le patologie sono insieme fatti e fantasie, somatiche e psichiche, personali e impersonali. Que­ sta visione della patologia implica una visione della terapia come quella che si trova nel Rinascimento in Paracelso:
« .•. Il medico deve aver conoscenza dell’altra metà dell’uomo, quella metà della sua natura che è legata alla filosofia astronomica; in caso contrario egli non potrà essere veramente il medico dell’uomo, perché  il Cielo detiene nella sua sfera la metà di tutti i corpi e di tutte le malattie. Che specie di medico è quello che non  sa niente di  cosmografia?». « Cosmografia » si riferisce qui al regno immaginale, alle potenze archetipiche che portano il nome dei pianeti e ai miti rappresentati dalle costellazioni celesti. Trascurare questa «metà», cioè la componente immaginale o psichica, il Dio nella malattia, è venire meno a ciò che è umano. Per occuparsi pienamente delle cose umane, bisogna dedicare la  metà  dei  pro­ pri pensieri a ciò che non è umano. I «  mali » risiedono  anche  negli  archetipi  e sono  parte  di essi. Se gli Dei ci raggiungono attraverso le afflizioni, allora la patologizzazione li rende immanenti, apren­ do loro la psiche, ed è quindi un modo per passare dalla teologia trascendentale alla psicologia imma­ nente. Perché l’immanenza  è solo una  dottrina  fino al momento in cui queste potenze dominanti non mi bloccano con i sintomi, e io devo riconoscere che nei miei disturbi ci sono realmente delle forze che nou su controllare e che tuttavia vogliono qualcosa da me e intendono  fare qualcosa  di me.”