Mentre sto preparando un nuovo lavoretto editoriale sono nate le seguenti riflessioni a proposito di Apollo e del Sole nell’opera di Jung. Questa parte dell’articolo farà parte del nuovo lavoro, molto più esteso, sui pianeti, la mitologia e il loro significato astrologico. Di tanto in tanto pubblicherò delle parti riguardanti il nuovo libro.
Il Sole è simbolicamente legato al fuoco come espressione di sé e forza creatrice, ma è necessario declinarne i valori simbolici attraverso numerosi significanti più concreti che lo avvicinano al vivere quotidiano come ad esempio la parola. La parola comunica, crea emozioni, trasforma. Le emozioni possono modificare il nostro comportamento e quello di chi ci sta vicino o con il quale stiamo comunicando. L’emittente, il Sole-Parola, ha bisogno di un ricevente, la Luna, attraverso la loro dialettica si esplica la vita. Quando il Sole tramonta c’è la luce lunare ad illuminare, luce che è parola delle emozioni che reagiscono all’emissione solare. Emissione solare è ciò che cogliamo dall’esterno, sempre attraverso la luce, la realtà che anche senza parlare ci emoziona dopo essere stata colta attraverso i sesni, affinché ciò avvenga la luce è sempre necessaria. La luce è il principio. La luce lunare è diversa, brilla della luce del sole, di riflesso, ecco perché emoziona e riceve la parte solare, la Parola. Quando nè Luna, nè Sole brillano in cielo, solo la Parola ci guida, mentre la ascoltiamo; ma la parola proviene o dall’interno, dal nostro sè, o dall’esterno da qualcun altro o dall’atman, dallo spirito che tutto pervade. Alla fine nulla cambia, sia che la parola provenga da noi anziché da un altro è sempre l’atman, lo spirito luminoso del fuoco a parlare.
A tal proposito Jung scrive: <<Qui è detto che il fuoco viene dalla parola, e in seguito (1.2.4) è anche detto che è il fuoco a divenire parola. Troviamo un rapporto analogo tra fuoco e voce о parola nella Bṛhad-araṇyakaupaniṣad (3.2.13; 4.3.1 sgg.): “Yajñavalkya”, gli disse, “allorché di questo uomo, una volta che è morto, la voce entra nel fuoco, il praṇa nell’aria, l’occhio nel sole…”… …Allora il re prese la parola per primo al fine di interrogarlo: “O Yajñavalkya, qual lume rischiara questo puruṣa [essere incarnato]?” “La luce del sole, оre”, gli disse: “alla luce del sole, invero, costui dimora, si muove, compie le sue azioni e ritorna a casa.” “È proprio così, о Yajñavalkya. Allorché il sole è tramontato, o Yajñavalkya, qual è la luce che illumina questo puruṣa?” “Per costui vi è la luce lunare; alla luce della luna egli dimora, si muove, compie le sue azioni, torna a casa.” “È proprio così, о Yajñavalkya. Allorché è tramontato il sole ed è tramontata la luna, o Yajñavalkya, quale luce illumina questo essere?” “È la luce del fuoco che lo illumina; è alla luce del fuoco che egli risiede, si muove, compie le sue azioni e ritorna a casa.” “È proprio così, o Yajñavalkya. Allorché il sole è tramontato, la luna è tramontata, il fuoco è spento, о Yajñavalkya, quale luce illumina questo personaggio?” “È la Parola che lo illumina: è essendo illuminato dalla Parola che egli dimora, si muove, compie le sue azioni e torna a casa; questa è la ragione per la quale, о re, quando l’ombra è così fitta che non si distingue neppure la propria mano, se si ode una parola ci si dirige verso questa.” “È proprio così, o Yajñavalkya. Allorché il sole è tramontato, o Yajñavalkya, la luna è pure tramontata, il fuoco è spento, ogni parola tace, quale luce illumina questo personaggio?” “È lo atman [il Sé] che è la sua luce. È alla luce dello atman che egli dimora, si muove, compie le sue azioni e torna a casa.” >>
Bocca, fuoco, sole, parola sono in relazione secondo Jung, che aggiunge inoltre come sia inequivocabile non vedere questa relazione analizziamo semanticamente in diverse lingue la loro radice. Appare per altro evidente come anche il fato venga visto un’entità instabile che oscilla, grazia alla radice comune della parola[i] che ricorda l’oscillare della fiamma, di conseguenza anche quello del sole. Il sole è quindi il fondamento della nostra vita, del nostro fato, del nostro destino. Il Sole è azione, azione è spirito, indviduazione. Un’altra correlazione importante è quella che passa con il verbo risuonare, vibrare e la stessa parola sole. Jung afferma che il linguaggio e l’uso del fuoco sono le caratteristiche che distinguono l’uomo dall’animale. Apollo, divinità protettrice della musica, è quindi in stretta relazione con il risuonare. Esiste un’identità preconscia, io direi archetipica, che accomuna fuoco e parola, questa è rappresentata dalla parola sanscrita tejas che possiede numerosi significati. Riporto le parole di Jung “È la parola tejas, che significa: 1. taglio, acutezza, filo (di lama), lama tagliente; 2. fuoco, splendore, scintillio, luce, ardore, calore, caldo; 3. aspetto sano, bellezza; 4. la forza ardente generatrice dei colori nell’organismo umano (localizzata nella bile); 5. forza, energia, forza vitale; 6. veemenza, impetuosità del carattere; 7. forza spirituale e magica; influenza, autorità, credito, dignità; 8. sperma. La parola tejas quindi descrive quello stato psicologico indicato anche dal termine libido. È l’intensità avvertita soggettivamente dei fatti più svariati. Tutto ciò che è fortemente accentuato, quindi tutti i contenuti carichi d’energia, hanno perciò una gamma molto ampia di significati simbolici. Ciò risulta ovvio per il linguaggio, che può esprimere ogni cosa.”. Sono tutti attributi solari quelli che troviamo nella definizione di tejas che accomunano fuoco, parola con Apollo che fa da mediatore fra entrambi. Nello stesso tempo ci fanno pensare al taglio del filo della vita da parte della Moira, Atropo, che è sempre un’azione forte, necessaria, preconscia-archetipica. La vita stessa rappresentata dal Sole è parte integrante del disegno universale[ii].
[i] L’associazione, strana a prima vista, di bocca, fuoco e parola si riscontra anche nel nostro linguaggio odierno: le parole sono “infiammanti” e “ardenti”. Nel linguaggio del Vecchio Testamento ricorre spesso l’associazione di bocca e fuoco. Per esempio: 2 Samuele, 29.9: “Un fumo saliva dalle sue nari; un fuoco consumante gli usciva dalla bocca.” Isaia 30.27: “Il nome del Signore… le sue labbra son piene d’indignazione, la sua lingua è come fuoco divorante.” Salmo 29.7: “La voce dell’Eterno fa guizzare fiamme di fuoco.” Geremia 23.29: “La mia parola non è essa come il fuoco?” Nell’Apocalisse 11.5 “dalla bocca dei due testimoni esce il fuoco.” Di continuo il fuoco viene chiamato “divorante”, “consumante”, con riferimento alla funzione della bocca; si veda Isaia 9.19: “Per l’ira del Signore degli eserciti il paese è in fiamme, e il popolo è in preda al fuoco.” (Vedi anche Ezechiele 15.4.) Un buon esempio si trova negli Atti degli Apostoli 2.3 e 4: “E apparvero loro delle lingue [glossai] come di fuoco che si dividevano… E tutti furon ripieni dello Spirito Santo, e cominciarono a parlare in altre lingue (glossais).” La glossa di fuoco provoca negli apostoli la glossolalia. In senso negativo la lettera di Giacomo 3.6 dice: “Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell’iniquità. Posta com’è tra le nostre membra, contamina tutto il corpo e infiamma la ruota della vita, ed è infiammata dalla geenna.” Similmente è detto del malvagio nei Proverbi 16.27: “Sulle sue labbra c’è come un fuoco divorante.” Anche i draghi, i cavalli (Apocalisse 9.17) e il Leviathan (Giobbe 41.10) sputano fuoco. Il nesso della bocca con la favella e il fuoco è inequivocabile.”
[ii] Un altro fatto da considerare è che i dizionari etimologici associano il radicale indoeuropeo bha con il significato di “splendere, rilucere, brillare”. Questa radice si trova nel greco φάω, φαίνω, φάος; nell’antico irlandese ban = bianco; nel nuovo alto tedesco bohnen = lustrare, rendere lucido, brillante. Ma il radicale dello stesso suono *bha significa anche “parlare”; si trova nel sanscrito bhan = parlare; nell’armeno ban = parola; nel nuovo alto tedesco Bann, bannen = bando, scomunica, potere magico, esorcizzare; nel greco φα-μί, ἔφαν, φάτις; nel latino fa-ri, fatum. La radice la con il significato di “risonare, abbaiare, si trova nel sanscrito las lásati = risonare, echeggiare; e in las lásati = irradiare, rilucere, splendere. Una fusione arcaica analoga di significati pare si riscontri in quella categoria di parole egizie che derivano dalle due radici della stessa famiglia ben e bel, raddoppiate in benben e belbel. Il significato originario di queste parole è “gettar fuori, uscire, gonfiare, sgorgare” (con il concetto secondario di scaturire gorgogliando, ribollire, e rotondità). Belbel, accompagnato dal segno dell’obelisco, significa sorgente di luce. L’obelisco aveva come nome oltre a teshenu e men, benben, più raramente anche berber e belbel.230 Il radicale indoeuropeo *vel con il significato di “fluttuare, ondeggiare” (detto del fuoco) si trova nel sanscrito ulunka = incendio; greco Fαλέα attico ἀλέα = calore del sole; gotico vulan = ondeggiare; antico alto tedesco e medio e alto tedesco Walm = calore ardente, ardore. La radice apparentata indoeuropea *vélkô con il significato di “risplendere, essere infocato” si trova nel sanscrito ulka = tizzone; greco Fελγᾶνος = Vulcano. Ora lo stesso radicale *vel significa anche “risonare”; in sanscrito vaní = risonare continuamente, canto, musica; ceco v olati = chiamare. Il radicale *svéno = suoni, tuoni si trova nel sanscrito svan, svánati = rumoreggiare, sonare; avestico qanañt; latino sonare; antico i r a n i c o semn, gallese sain; latino sonus; anglosassone svinsian = risonare. Il radicale apparentato *svénos = rumore, risonare continuo si trova nel vedico svánas = rumore; latino sonor, sonorus. Un altro radicale apparentato è *svonós = suono, rumore; antico iranico son = parola. Il radicale *své(n), locativo *svéni, dativo *sunéi, significa “sole”; avestico qeng = sole (cfr. più sopra *svéno, avestico qanañt); gotico sun-na, sunnô.231 Quantunque le stelle vengano percepite solo attraverso la luce che esse emanano, si parla di armonia e di musiche delle sfere, come già fece Pitagora. Lo stesso concetto si trova nei versi di Goethe del “Prologo in cielo” (Faust, pt. 1): Nell’emulo coro delle sfere sorelle Il Sole canta l’eterna sua canzone, Mentre ratto come folgore Percorre l’orbita che gli fu tracciata. E ancora (Faust, pt. 2): Ascoltate il rombo delle ore! Sonoramente per l’intimo orecchio dell’anima Nasce il nuovo giorno. Porte si spalancano nelle rocce stridendo, Rombando corrono le ruote di Febo; Qual clamore reca la luce! Rullar di tamburi, squillare di trombe, L’occhio ammicca, stupisce l’orecchio, Suoni smisurati non sa percepire. Per trovare il silenzio Cacciatevi in fondo alle corolle dei fiori Sotto le rocce, dentro il fogliame. Se il fragore vi coglie perderete l’udito! E non dimentichiamo i versi di Hölderlin (Tramonto): Dove sei? La mia anima rimane come trasognata, ebbra, Estasiata di te. Pure non è un sogno, Ho ascoltato, e come traboccante di aurei concenti, L’incantevole efebo solare Trae dalla lira celeste le armonie del suo canto vespertino; E tutt’intorno risuonavano echeggiando i boschi e le colline… Queste immagini rinviano al dio solare Apollo, cui la lira conferisce l’attributo di musicista. La fusione dei significati espressi da “risonare, parlare, splendere, fuoco” si traduce perfino quasi fisiologicamente nel fenomeno della audition colorée, vale a dire la percezione della qualità tonale dei colori e della qualità cromatica dei suoni. Dinanzi a questa connessione si è dunque tratti a pensare all’esistenza di un’identità preconscia tra essi. In altri termini, nonostante la loro completa diversità, i due fenomeni hanno qualcosa in comune. Non si tratta probabilmente di un puro caso se le due scoperte più importanti che distinguono l’uomo da tutti gli altri esseri viventi, cioè il linguaggio e l’uso del fuoco, abbiano uno sfondo psichico comune. Entrambi sono prodotti dell’energia psichica, della libido о mana, per valerci di una concezione primitiva. Esiste un termine in sanscrito che designa in tutta la sua estensione lo stato preconscio al quale accennavamo. È la parola tejas, che significa:232 1. taglio, acutezza, filo (di lama), lama tagliente; 2. fuoco, splendore, scintillio, luce, ardore, calore, caldo; 3. aspetto sano, bellezza; 4. la forza ardente generatrice dei colori nell’organismo umano (localizzata nella bile); 5. forza, energia, forza vitale; 6. veemenza, impetuosità del carattere; 7. forza spirituale e magica; influenza, autorità, credito, dignità; 8. sperma. La parola tejas quindi descrive quello stato psicologico indicato anche dal termine libido. È l’intensità avvertita soggettivamente dei fatti più svariati. Tutto ciò che è fortemente accentuato, quindi tutti i contenuti carichi d’energia, hanno perciò una gamma molto ampia di significati simbolici. Ciò risulta ovvio per il linguaggio, che può esprimere ogni cosa.