Ricordare quello che non è mai accaduto” bisognerebbe chiamarlo proprio immaginare e questa forma di memoria è proprio immaginazione. […] Memoria veniva descritta come una grande sala, un magazzino, un teatro gremito d’immagini; e la sola differenza fra il ricordare e l’immaginare consisteva nel fatto che le immagini della memoria erano quelle cui si era aggiunto un senso di tempo, la curiosa convinzione che essere fosse accadute una voltaJ. Hillman, Le storie che curano

 

Se pensiamo ai nostri ricordi, fatti realmente accaduti, come immagini fisse nella nostra memoria potremmo ipotizzare che ci siano infinite forme di memorie prive della qualità del tempo, ovvero del fatto che non siano ancora accadute. Immaginare qualcosa che non è accaduto significherebbe in qualche modo attivare quell’immagine donandogli la nostra energia, il nostro tempo.

Ricordare e immaginare si differenzierebbero per il fatto che l’immagine nella nostra memoria possa avere o meno un tempo “collegato”, tutte le immagini esisterebbero fuori dal tempo, sarebbero comuni a tutti, quindi forme di immagini archetipiche.

Se il ricordo di un evento positivo ci stimola a ripetere le azioni che ci hanno condotto verso quell’evento, allo stesso modo, immaginare qualcosa che attivi in noi una storia, un evento ci condurrà verso un esito reale, concreto, almeno per la psiche.

Il tempo che viene utilizzato dall’astrologia quando si erige un tema natale, cristallizza delle forme, propone una selezione, case, aspetti, pianeti segni; è un tempo che porta comunque in sé le infinite possibilità di manifestazioni, nasciamo con ricordi collettivi, immagini collettive, prive di tempo fisico, di coscienza, ma pregne del tempo universale, l’attimo in cui nasciamo.

Immaginare, raccontare un mito, una fiaba che parta del tema natale di ciascuno di noi, attiva le immagini archetipiche ad esso collegate, le rende vive, potenti, capaci di trasformare la nostra vita.

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